L’Avvento dell’Unione e le Profezie del Profeta Baracuc

Tanto vale smettere di spiegarla razionalmente: siamo entrati nella fase delle profezie di sventura.

E fu allora che, dai confini nebbiosi d’Occidente, scese tra noi un emissario oscuro: non portava una spada ma un accordo da firmare.

Si diceva fosse l’Anticristo — o forse solo un commissario — ma ovunque passava, le leggi si piegavano come giunchi al vento.

E fu allora che il Segretario agli Esteri, sudando come un penitente, scese da Bruxelles con le Tavole della Legge e le alzò al cielo davanti al popolo smarrito, proclamando l’Avvento della Firma.

E dal palazzo in Via delle Scalette non giunse parola. Né fu diplomazia, né timore: solo l’antica abitudine del lasciar fare agli altri il lavoro sporco.

Allora il Profeta Baracuc si voltò verso i decani democristiani e pronunciò queste parole:

“Ora il fardello è vostro. Parlate al popolo che vi acclama numeroso. Dite loro che tutto era scritto, inciso nei programmi elettorali, che la firma era destino e che nessuno poteva fermare l’avvento dell’Unione”

Ma i saggi democristi tireranno fuori dal cilindro la leggenda di Marino che fuggì dalla Dalmazia perché questa voleva entrare nell’Unione Europea d’Occidente.

Marino tentò di ammansire l’Orso Europeo ma non ci riuscí perché la Von del Layen non fu Donna Felicissima davvero.

E fu detto che nei giorni della firma, la Commissione calerà sul Pianello con carri di clausole, trascinando leggi lunghe quanto il cantiere della rotonda di Domagnano.

Ogni volta che un sammarinese oserà pronunciare “indipendenza”, una creatura alata sorgerà da nord e gli sussurrerà: “Sei mio ora”.

E la lingua degli avi, il romagnolo, sparirà dentro una società anonima lussemburghese.

Già fu così con i nostri risparmi — e allora non era nemmeno l’Europa ma nessuno proferì parola.


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