Raggiunto il pareggio di bilancio, si va ai rigori
(90° Minuto) – Dopo una rocambolesca azione della compagine del bene comune è arrivato finalmente il pareggio. La squadra di governo, ormai data per spacciata, è riuscita nell’improbabile impresa di arrivare al pareggio. Appena raggiunto il pari la maggioranza, riunita in panchina, si è lasciata andare ad un grido quasi liberatorio – “retee…!” – ma l’occhiataccia del mister ha subito zittito l’esultanza dei panchinari. Meglio dire gol. Intanto un paio di consiglieri hanno spinto un tasto per rivedere la moviola, votando per errore al posto dei colleghi intenti a fare due tiri di fumogeno.
Dalla metà campo dell’opposizione chi ha invocato il rigore ha ricevuto come risposta che si doveva proseguire per la regola del vantaggio elettorale.
Il pressing degli avversari era alto e il bene comune non riusciva a far girare la palla; molti cronisti locali hanno commentato invece che in molte occasioni ci sono riusciti molto bene a farla girare, anche più di una, ma si tratta di esternazioni da bar sport su cui non vogliamo soffermarci. La notizia del pareggio è avvenuta lo stesso giorno in cui Giorgio Crescentini annunciava l’addio dalla presidenza della Federazione Giuoco Calcio dopo 31 anni di onorato servizio. Coincidenza oppure no? Un qualsiasi giornalista con una dichiarazione falsa dovrebbe farci un’inchiesta per verificarlo. Giorgio Crescentini dal canto suo ha commentato orgoglioso: “Posso ritirarmi sapendo che per una volta San Marino ha pareggiato invece di prenderne una manciata”. Parole che dovrebbero risuonare chiare per qualcun’altro che si guarda bene dal ritirarsi perché non ne ha incassati abbastanza.
Comunque, ora è giunto il momento dei rigori, dopo anni di melina. Per trent’anni ci siamo illusi di poter giocare senza ruoli apparenti, tifosi senza cuore, giocatori senza polmoni, panchinari senza testa, forze dell’ordine senza occhi, come se il campo di gioco non avesse le righe. I dirigenti (quelli titolari del posto) dovevano solo passare la palla al Segretario di turno; ci avrebbero pensato loro a smistare il gioco, i registi, assieme ai mediani occulti pronti ad entrare sulle caviglie. Raggiunto il pareggio di bilancio, al momento del lancio della monetina qualcuno si è fregato pure quella. “Siamo in pari, almeno un caffè ce lo meritiamo” è stata la giustificazione. Improvvisamente ora, ognuno pretende di essere nuovamente qualcuno. L’arbitro.
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